Una storia di libri, arte, tacco dodici, amicizia e introspezione: il primo compleanno di Scrittura a Tutto Tondo, visto da me.

Due settimane sono passate dai festeggiamenti del primo compleanno di Scrittura a Tutto Tondo, l’agenzia di servizi editoriali fondata lo scorso anno da Rita Charbonnier, scrittrice di talento e amica senza pari, e finalmente sono qui a scrivere un post su questo evento.

Qualcuno di voi penserà, ammazza, ma quanto le è durato il dopo sbornia? Quanti brindisi avete fatto?

Una sbornia, personalmente, l’ho subita, ma non per colpa del vino: si è trattato di una sbornia emotiva, una sovrabbondanza di emozioni che mi ha investito fin dal mio arrivo a Roma venerdì 8 maggio  ─ arrivo che potrei anche chiamare “ritorno”, visto che si tratta della mia città natale, dove ho vissuto i primi ventidue anni della mia vita, proprio nel Rione Trevi – Colonna, dove si situa anche la 6° Senso Art Gallery, che ha felicemente ospitato la festa. E che non si è poi interrotta, fino alla mia partenza sul Freccia Rossa di due domeniche fa, tanto da farmi pubblicare solo ora il mio pensiero.

AVVERTENZE (ovvero Post Scriptum dell’autrice, che ho sentito dovuto al lettore, aggiunto dopo aver scritto questo post): volevo trasmettere un pensiero, ho prodotto quanto è di più simile a un racconto. Chi vuole continuare a leggere, pertanto, si metta comodo. Chi non vuole continuare, la peste su tutte e due le vostre famiglie! Che non c’entra niente, ovviamente, ma chi mi conosce sa che sono solita citare Shakespeare, anche a caso, pur inserirlo nel discorso.

Già scendendo alla Stazione Termini, con tutta quella gente che andava e veniva, ho avuto l’impressione di essere finita in un’altra dimensione. Per intenderci, vent’anni fa per me questa era la quotidianità, dopo il trasferimento con i miei ad Anzio. Salire e scendere dai treni, prima per frequentare l’Università “La Sapienza ” di Roma, poi per i miei primi, tragicomici impieghi lavorativi, poi per andare a trovare il mio attuale marito… Non sono vissuta tutta la vita in un eremo tibetano, ecco. Poi vedo Rita, e in auto raggiungiamo casa sua. Dal finestrino, vedo altre auto, gruppi di turisti, infiniti, studenti, ambulanti, e penso: sembra quasi che la gente, rispetto a quanto io possa ricordare, si sia moltiplicata per scissione! E subito dopo rifletto, ma no, è Roma, è sempre stata così, fin dalle mie prime memorie. Altro che madeleine di Proust, ─ con tutto il rispetto per questo scrittore, naturalmente, e per i dolci stessi, ─ si tratta di vita e vitalità che, nonostante tutte le vicissitudini storiche, politiche, economiche, persevera e non soccombe. E vivaddio, aggiungerei.

Già mezza stordita ─ nel senso positivo del termine, se ne esiste mai uno ─ raggiungiamo casa di Rita, dove scopro che mi è stata destinata una stanza enorme con letto matrimoniale e quant’altro possa esserci di confortevole al mondo per un degno soggiorno, altro che hotel di lusso ─ dove, tra l’altro, non faresti mai merenda con yogurt, banana e miele.

Doccia, chiacchiere, risate, agitazione per i preparativi per il giorno dopo, ancora risate, complimenti, prendiamo e andiamo a incontrare Alessandra Zito, giovane autrice di poesie, che con SAT ha da poco pubblicato la raccolta Hai conservato tutte le stelle. Ce la portiamo a casa, il gruppo si allarga, l’emozione per quanto accadrà il giorno dopo aumenta, Rita prepara il sugo alle mandorle per la pasta e aggiunge i pinoli al pollo con l’uvetta ─ forse era meglio di no perché si perde il sapore nel condimento, dice lei dopo cena, ma no non ci stavano per niente male, poi fanno pure bene, esclamo io.

E intanto prepariamo un trolley pieno di libri, commentiamo questo e quell’autore, facciamo un po’ di psicologia spiccia, che tra donne ci sta sempre bene, sulle nostre esperienze passate ─ stralci di vita, delle quali, per quanto mi riguarda, quando ne parlo mi pare di riferirmi ormai a vite precedenti.

La serata scorre serena. Rita e GianPietro Tomasini, suo caro amico e attore, provano quanto dovranno leggere il giorno dopo, mentre io intervengo qua e la con piglio da critico letterario, giocoso e dissacrante, ─  non so da dove mi viene tutto questo estro, probabile dall’eccitazione per quanto accadrà il giorno dopo, ─ e soprattutto, la pazienza dei due nei miei confronti, forse saggiamente intuiscono che il mio stile tra il serio e il faceto è, alla fine, in fondo, semplicemente ludico, oppure sono troppo educati per mandarmi a quel paese… Mi sento come uno spiritello, o il gatto di casa che, che un po’ ronfando un po’ zampettando sul pianoforte, si gode ogni momento di interazione tra gli esseri umani, e la sensazione è piacevole.

Rita, Alessandra e io.
Rita, Alessandra e io.

Salviamo per miracolo dal crollo di un ripiano del mobile della sala di Rita alcuni oggetti di vetro, tranne una bottiglia vuota di passata di pomodoro, unica vittima del pavimento. A cena gusto ogni boccone, la conversazione è rilassata e spazia da un argomento all’altro senza intoppi. Dopo, GianPietro fissa il ripiano, Rita mette su un CD di musica per rilassarsi mentre sistema la cucina, GianPietro ed io rischiamo il linciaggio perché lui fa partire contemporaneamente “25 or 6 to 4” dei Chicago sul telefonino, Rita nomina le parti intime di Siddharta a seguito di un piccolo incidente con la lavastoviglie, e GianPietro le chiede gentilmente, poiché buddhista, di non bestemmiare.  Poi l’uomo va via, dandoci appuntamento alla galleria il giorno dopo, e noi tre ragazze ci ritiriamo per la notte. Riusciremo a dormire, con tutta questa emozione in circolo?

Sabato, 9 maggio 2015. Abbiamo dormito! Alessandra vuole farsi fare la piega ai capelli, sarà una delle protagoniste dell’evento, con la sua raccolta di poesie, per cui tutte in piedi intorno alle nove, colazione ─ che te lo dico a fare ─ completa, e fuori, sulla Cassia, splende il sole, il traffico è già vivace e mi sento su di giri, un po’ stordita, l’attesa cresce, Rita è insieme concentrata, agitata, decisa, emozionata. Mi chiedo come poterle essere ancora più vicina in questo momento, so per certo che andrà tutto liscio come l’olio, la festa sarà un successo, la mia amica riceverà il giusto riconoscimento, grazie alla sua professionalità, alle sue capacità organizzative e alla generosità intrinseca nella sua persona.

Ma riconosco anche di sentirmi, personalmente, come in balia del momento, coinvolta in un avvenimento con caratteristiche di tipo mondano ─ la festa, gli invitati, la location, tutto l’insieme di un certo livello culturale, in poche parole, situazione dove di solito mi sento piuttosto a disagio, fuori luogo, inadeguata ─ ma anche estremamente intrigante dal punto di vista emotivo. Per la protagonista e organizzatrice in prima persona, Rita stessa, che coraggiosamente, eticamente e grande impegno, ma soprattutto con il cuore, si è buttata un anno fa in un progetto originale e innovativo; per le scrittrici presenti, che sentiranno poesie e brani dei loro libri declamati da attori professionisti, di fronte a un gruppo di estranei ─ cortesi certamente, ma sempre sconosciuti; e per la sottoscritta, che, oltre a sentirsi messa in primo piano, ─ co-protagonista, vestito elegante e, ebbene sì, anche con il tacco dodici, ─ orgogliosamente parte del progetto di SAT, teme di poter sembrare troppo timida o troppo sfacciata, senza soluzione di continuità ─ teme in poche parole il giudizio del prossimo, di non godersi appieno ogni istante di quanto le sta accadendo, che accadrà…

Oggi. Mio marito afferma spesso, usando un linguaggio informatico, che il mio sentire è messo in difficoltà da un processore lento, downcloccato, come si dice. Ora non mi offendo più perché ho capito che non si riferisce alla mia intelligenza, e perché alla fine ho dovuto riconoscere che ha ragione: quando si tratta di informazioni che esulano il concetto di funzionalità immediata, che coinvolgono, in breve, la mia sfera emotiva, è come se andassi in protezione, ─ la prontezza che di solito caratterizza le mie reazioni quotidiane, giuste o sbagliate che siano, va a farsi benedire, quando mi sento sopraffatta da sentimenti contrastanti riguardo fatti, opinioni o persone, anche quando sono sicura di avere un’idea ben definita di quanto mi sta accadendo tutt’intorno.

Mi rendo conto oggi che partecipare alla festa di Scrittura a Tutto Tondo, oltre alla piacevolezza intrinseca legata all’avvenimento, è stata per me fondamentale anche per approfondire questo pensiero, per uscire da me stessa, guardarmi con occhi diversi, oltre che con quelli degli altri ─ e stavolta, per quanto possibile, senza pre-giudizi. Certo, per quanto riguarda il secondo aspetto, non potrò certamente essere stata all’altezza delle aspettative, non lo si è mai dopotutto ─ dopo tanti preparativi, ad esempio, Rita non avrà sicuramente apprezzato il fatto che, invece di aiutarla a mettere su il banchetto della vendita dei libri, mi sono distratta e senza pensarci sono andata a comprare le sigarette con la nostra Valentina Marinacci, perdendomi in una chiacchierata riassuntiva sugli ultimi sei o sette anni nei quali non ci siamo potute incontrare “dal vivo”, ─ ho dedicato tanto tempo ad amici e parenti e poco agli altri invitati, non ho fatto “cose sociali”, come le chiamo io, abbandonando la mia amica a fare la padrona di casa, ─ e di questo, che lei se ne sia accorta o no, o che per affetto faccia finta di non essersene accorta, un po’ mi sento colpevole.

Mi sono forse un po’ ripresa dal coma emotivo a fine festa, quando, con Rita, Alessandra e Valentina, ci siamo regalate un’incantevole passeggiata per il centro, andando a “spiare” in via Margutta una serie di case piacevolmente improbabili, in mezzo a cortili e ad alberi secolari, nascoste dietro a un anonimo portone, dove abbiamo deciso di andare ad abitare tutte insieme, ─ sempre che non ci ritireremo sulle colline del tortonese, ovviamente, ─ e una buonissima pizza da ‘Gusto, in compagnia di gabbiani enormi che gironzolavano per Piazza Augusto Imperatore.

Tante cose avrei voluto dire e fare e non ho detto e fatto, ma posso affermare con certezza di non avere rimpianti. Per me, alla fine, è stata la festa perfetta: ho visto Rita risplendere in mezzo alla gente, abbandonato ogni timore, padrona della situazione, ricolmata dalle affettuose attenzioni di quanti sono intervenuti. Ho visto Alessandra abbandonare ogni timidezza e godersi il meritato successo, e sono contenta di averla ringraziata per aver avuto il coraggio di condividere con il prossimo le sue poesie, scegliendo di autopubblicarsi con SAT. Ho riscoperto la dolcezza di Valentina, la sua presenza discreta ma importante, l’indiscussa finezza artistica che contraddistingue le sue creazioni. Personalmente, ho riscoperto il piacere di godere della presenza di amici e parenti, che hanno scelto di starmi vicino in quella situazione per me inusuale ─ inclusa la mia amica Tania, contro la mia volontà ma per mia responsabilità persa di vista da decenni, che mi è stata “restituita” con la scusa dell’occasione con la complicità del mio caro cugino Giorgio, ─ a conferma che, per fortuna, tutto cambia, ma, sempre per fortuna, tante cose ─ gesti, sguardi, relazioni, ─ rimangono le stesse, a dispetto del passare del tempo.

Penso che avrei potuto fare meglio, ecco, di più per qualcosa, di meno per altre, ma sento, in ogni caso, di aver dato qualcosa. E, sicuramente, tanto ho ricevuto, e per questo tanto ringrazio Rita e quanti hanno goduto con me di tutti i momenti condivisi. È stato questo per me, e molto altro ancora, il dono di perfezione di questa Festa.

 

 

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