Re Lear cavalcava nella notte. Alto, su di un enorme cavallo scuro, il vetusto re, in mantello e cappuccio di pelliccia e velluto pesante, andava attraverso lande e foreste, villaggi stravolti e borghi spauriti, con cento cavalieri al seguito. Dietro di lui, appeso alla sua schiena come una gobba molle, una figura minuta e singolare, vestito di mille colori e con il volto bianco come la neve. Era il suo buffone, che il re amava tanto, e che nonostante si prendesse gioco della sua pazzia, facendo versi alla sua follia, al momento gli era più caro delle sue stesse figlie. Gonerilla gli aveva mostrato il suo disprezzo; ma il suo odio non era che una candela, rispetto all’incendio di rabbia che si era sprigionato nel cuore di Lear nei confronti della sua primogenita.
Ella lo aveva infatti disprezzato, svilito, aveva dato ordine ai suoi servi di trattarlo in malo modo! Gli aveva perfino ordinato di dimezzare gli uomini del suo seguito! Per lei non era più che un vecchio noioso e rumoroso, e lo aveva cacciato via con disdegno. In meno di due settimane, l’ardente amore che aveva professato per lui di fronte al trono si era ridotto in fredde ceneri. Il re l’aveva maledetta; perché nessun padre ebbe mai una figlia più crudele di Gonerilla!
Ma c’era sempre Regana, la sua amata Regana, che aveva giurato che il suo affetto per lui era ancora più profondo di quello della sorella maggiore. Era da Regana che stava cavalcando così di gran lena, ma non verso il suo palazzo, perché sia lei sia il duca di Cornovaglia erano al momento ospiti del conte di Gloucester. Fatto piuttosto strano, poiché il re aveva mandato un messaggero per avvertirla del suo arrivo; eppure lei era partita lo stesso. Come ogni padre al suo posto, egli cercava di trovare delle giuste scuse per il comportamento di Regana… ma come mai il messaggero, che l’aveva seguita nel suo viaggio, non era ancora tornato?