Re Lear, da Le Storie di William Shakespeare di Leon Garfield, Parte 1 – traduzione di Germana Maciocci

Tanto, tanto tempo fa, prima che fosse fondata la prima Chiesa, regnava in Britannia un re, il cui nome era Lear. Egli aveva tre figlie; e quando fu ormai vecchio e stanco di portare il peso del regno sulle sue spalle, desiderò godere unicamente dei privilegi legati al fatto di essere re, e decise di dividere il suo regno tra le sue amate figlie, e di tenere per se solo la corona. Le chiamò quindi a palazzo, e qui, nella imponente camera di consiglio, di fronte a tutti i duchi e ai signori e ai cavalieri che potevano entrare in quella sala, chiese alle sue figlie quanto grande fosse l’amore che esse provavano per lui; a tale misura avrebbe corrisposto infatti il loro compenso.

La più grande parlò per prima: Gonerilla, duchessa di Albany, una gran signora la quale bellezza marmorea si disciolse in tenerezza, mentre ella raccontava a tutti quanto amasse il suo caro padre. Disse infatti di amarlo più di ogni altra cosa nell’Universo.

“Egli mi è più caro”, dichiarò ella, “della mia stessa vista, dello spazio, della libertà!” E subito dopo accorse, con un gran frusciar di ampie gonne, a salire la scala che portava verso il trono, come una nube scura che si solleva nell’aria, per baciare la mano di suo padre.

Il vecchio re,  nel suo abito dorato simile al Tempo fissato e rigido, abbassò lo sguardo verso la mano che la figlia aveva baciato. Nessun altro padre era dotato di una figlia così affettuosa come Gonerilla! Pieno di orgoglio fece passare lo sguardo tra la moltitudine di teste coronate che lo circondavano, e annuivano ripetutamente in profonda ammirazione, come un mare mosso al tramonto da una lieve brezza. Tutti i volti erano illuminati dalla gioia… tutti tranne uno! Il conte di Kent era infatti accigliato; e il suo volto serio risaltava come una macchia in quel tessuto di sorrisi.

Subito dopo, fu il turno di Regana, duchessa di Cornovaglia, seconda per nascita ma non per bellezza. Le sue guance sembravano rose e il suo meraviglioso abito era impreziosito da perle. Quanto amava dunque ella il re, suo padre?

“Sono fatta dello stesso metallo di mia sorella”, dichiarò decisa. “Ella ha infatti espresso il mio stesso amore, anche se troppo brevemente…” Quindi anche Regana salì verso il trono e baciò il padre, non sulla mano ma sulla guancia rugosa.

Re Lear annuì, e si accarezzò la guancia, come per paura che il bacio appena ricevuto potesse volare via; e la rete di rughe intorno ai suoi occhi si illuminò, quasi si fosse sparsa di rugiada. Quale altro padre infatti aveva una figlia tanto preziosa quanto Regana! Ancora una volta la marea dorata di nobili si mosse per l’ammirazione; mentre il conte di Kent appariva ancora più rabbuiato. Ma alla fine, anche sul suo volto apparve un sorriso. Ora avrebbe dovuto infatti parlare Cordelia, la più giovane delle figlie del re.

In un semplice abito bianco, con l’unico ornamento dei suoi capelli dorati, e nessun gioiello tranne i suoi limpidi occhi, si pose davanti al padre come le sorelle prima di lei avevano fatto, per offrirgli il suo amore in cambio di un terzo del suo regno. Il suo volto era serio e compunto; e ancora la fanciulla non parlava.

“Cosa puoi dire in più, per ricevere da me una terza parte ancora più ricca rispetto a quella destinata alle tue sorelle?” la spinse a parlare con affetto il padre, perché Cordelia era la figlia a lui più cara; e nessun altro padre possedeva una figlia più sincera di Cordelia! “Parla quindi.”

” Non ho nulla da dire, mio signore”, disse ella.

“Nulla?”

“Nulla.”

Quindi rimasero lì a fissarsi, il padre reso folle dalla rabbia, la figlia, impassibile, ma con il cuore in tumulto. Sapeva che tutti la stavano osservando, e sentiva su di se gli sguardi pungenti e inquisitori delle sorelle. Sapeva quali erano state le aspettative nei suoi confronti, ma ella non si sarebbe sottomessa a tale prova, non le era proprio possibile. Amava suo padre quanto una figlia doveva amare il proprio genitore, sinceramente e senza secondi fini. Non poteva giurare, come avevano fatto le sue sorelle, che lo adorava al pari di un dio.

Re Lear si alzò in piedi, e la marea dorata si aprì mormorando di fronte a lui. I sorrisi erano ormai tirati; le sorelle più grandi distolsero lo sguardo, mentre la più giovane fissava dritto davanti a se. Il re si posò una mano sulla fronte, in un punto dove sentiva bruciare sempre più forte, come se il cervello stesse per andargli a fuoco. Era il punto dove Cordelia avrebbe potuto baciarlo. Vide i suoi cortigiani, ormai a disagio, allontanarsi da lui spaventati, come un gregge che fugga dalla minaccia di un temporale.

Uno però rimase fermo al suo posto, come a non temere affatto l’ira del re: il conte di Kent. Anche il suo volto appariva però  preoccupato; sapeva infatti che, qualora la tempesta fosse scoppiata, ne avrebbero fatto le spese tutti, padre, figlia, re e regno assieme. Quando un semplice essere umano agisce in preda alla rabbia, è solo la sua casa a tremare; l’ira di un re è in grado di fare a pezzi il mondo intero.

Gli occhi del re si accesero, e la sua voce si fece di tuono. La tempesta era iniziata e il regno iniziò a tremare sotto la sua violenza. Il conte di Kent fu cacciato via, mandato lontano dal regno, bandito all’istante, per aver osato mettersi tra il re e l’oggetto della sua ira. La stessa Cordelia, che non sapeva più se essere sveglia o preda del più terribile degli incubi, vacillò sotto ai fulmini che le venivano lanciati dal trono. La sua eredità, la sua dote, perfino l’amore di suo padre le furono sottratti all’improvviso, lasciandola tremante e priva di qualsiasi cosa appartenesse di diritto a una figlia di re. Quindi fu cacciata dal regno. Due uomini le avevano fatto la corte: il duca di Borgogna e il re di Francia. Con disprezzo il re la offrì a questi due pretendenti, insieme a quel nulla che il padre credeva lei gli avesse riservato. Borgogna scrollò le spalle e si allontanò; mentre il re di Francia vedeva le cose in altro modo. La prese in sposa con piacere, per lui il suo cuore sincero e la sua anima pura costituivano una dote già più che sufficiente.

Respirando a fondo, il re si girò verso Gonerilla e Regana, le figlie che lui reputava rispettose, e divise l’eredità di Cordelia tra le due. Così era stato deciso. Egli aveva rinunciato al suo potere. Non tenne nulla per lui solo, tranne la corona e un seguito di soli cento uomini. Lasciò perfino il suo palazzo; perché con due così care figliole, cosa ne avrebbe fatto un padre di una casa tutta per lui? A partire da quel momento, e fino al termine della sua vita, avrebbe infatti diviso il tempo che gli rimaneva in modo equo, a casa delle due due che aveva così generosamente compensate.

“Amate degnamente nostro padre”, raccomandò Cordelia, mentre si allontanava dalle sue sorelle.

“Non sei tu a doverci dire qual è il nostro dovere”, fu la loro fredda risposta.

 

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